Nel 1982 inizia la sua collaborazione con le reti Fininvest, poi Mediaset, e nel 1987 è assunta come inviato speciale. Il ruolo del giornalista, dice, è di andare dove la gente comune non vuole e soprattutto non può andare. Così nel 1991, allo scoppio della prima guerra del Golfo, è in Iraq, dove viene presa prigioniera e per otto lunghi giorni resta nelle mani degli uomini di Saddam Hussein. Dal 1992 al 1994 segue la guerra in Somalia, dove assiste all’omicidio della collega Ilaria Alpi, mentre nel 1996 è in Ruanda da dove racconta le varie fasi dell’atroce conflitto. Nel 2001 è in Afghanistan, nel 2013 in Egitto, dove è in atto uno scontro armato tra fazioni interne e dove per molte ore viene sequestrata e si perdono le sue tracce. L’unico teatro di guerra dal quale rimane lontana, perché in maternità, è quello della Bosnia. Da oltre un anno, ancora in prima linea in Ucraina da dove trasmette reportage che parlano dei dolori della popolazione, delle vittime e delle distruzioni provocate dai bombardamenti, ma anche dei retroscena delle politiche di potenza che muovono i fili di ogni guerra. Oltre a occuparsi di scenari di guerra, Gabriella Simoni segue anche la grande cronaca nera. Nominata Cavaliere al merito della Repubblica Italiana, dal presidente Carlo Azeglio Ciampi, ha vinto numerosi premi di giornalismo.