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Fernardo Alvim, diciamolo subito, è modesto. Dice di sè che rivoluzionerà la letteratura universale, che i suoi libri hanno ridato le gambe a un paralitico, che il prossimo nobel letterario sarà suo. Di lui, invece, si dice di tutto e il contrario. Che è un pazzo, che è caustico, che è il Che Guevara della radiofonia portoghese.
Da buon straniero ha esordito con i pochi, ma essenziali, termini italiani che conosce 'ciao, ti voglio bene, arrivederci' cercando di conquistarsi l’approvazione del pubblico del festival. 'Sono un tremendo incompreso – ha detto sghignazzando - sono il Coffee Annan europeo'. Dell'Italia, poi, conosce benissimo Toto Cutugno, la Carrà e Berlusconi...
Presentando il suo esordio letterario 'Il giorno in cui siamo fuggiti tu non eri in casa' ha sottolineato la funzione da collante sociale che il libro ha svolto in Portogallo. 10.000 copie vendute. La gente comune si è immedesimata con i protagonisti delle storie narrate. I personaggi sono stati plasmati grazie alla esperienza personale di Alvim, in particolare quella con il gentil sesso. Il tema dell’amore pervade il libro: è un amore non convenzionale, ha il sapore della gelosia, della tristezza, delle incomprensioni. 'L’amore è molto più di una domanda che una risposta, anzi una domanda senza risposta' ha sentenziato l’autore.
Alvim incarna la figura del dj, dell’autore di programmi televisivi e dell'autore di successo. Quando parla sembra che scherzi, che stia solo giocando, e questo è il suo merito più grande: fare passare messaggi importanti in contesti che non lo prevedono.
In tarda serata Alvim saluta Asti, attorno a lui più birre e ragazze di quante il Michelerio sembra poter ospitare. A presto, giovane Saramago. ASCOLTA QUESTO INCONTRO
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