Data: 18-06-2014
Marcello Veneziani a Passepartout
Intervistato dal giornalista Pietro Nardiello.
Veneziani, l’informazione di questo Paese è veramente libera, offre ai cittadini la realtà dei fatti oppure solo dei punti di vista?
Nessuno è depositario della verità assoluta. Giudizi sommari sono difficili da dare. Ci sono dei giorni in cui avverto una lontananza dell’informazione dalla verità fortissima, stridente, altri giorni in cui riconosco che questa è la condizione umana. Accade anche in altri paesi, c’è un reticolo di omertà che esiste dappertutto, non soltanto da noi. In Italia, certo, c’è una piaga particolare che è il conformismo, intendo che noi andiamo in soccorso del vincitore, noi che siamo sempre per l’unanimità, non riusciamo ad essere che “corali”. Non riusciamo ad accettare che ci possano essere due mondi diversi che si fronteggiano in modo netto ma non si ammazzano. I termini della nostra informazione rispecchiano quelli della nostra politica: noi scegliamo o il consociativismo o la guerra civile, non troviamo mai una via di mezzo. Per noi l’avversario o è quello con cui facciamo gli accordi, magari sottobanco, o è il diavolo da cancellare. L’informazione è lo specchio di questo manicheismo che alle volte invece diventa inciucio, compromesso storico, come si voglia dire. E l’informazione è nel mezzo di questi due fronti.
Il presidente del consiglio Renzi annuncia tagli anche per la Rai. In tanti digrignano i denti. Operazione giusta o solo il solito annuncio che parla alle pance?
Temo che sia un annuncio, perché trova tutti gli italiani d’accordo tranne quelli, ovviamente che lavorano in RAI. Sicuramente vanno fatti i tagli, anzi, mi pare che i tagli annunciati siano minimi. Anche perché ci potrebbero essere dei vantaggi, facendo scelte, per esempio di produrre cose in Rai invece di appaltarle fuori. E poi via tutti questi dirigenti che arrivano da ere geologiche precedenti. Quindi sì, tagliare, ma tagliare tanto e in modo oculato.
Tv, carta stampata e web. Il flusso di notizie che quotidianamente ci vengono offerte sono tante. La qualità delle notizie ne risente?
La massa di notizie che ci travolge non è sempre un indice di sapere come sono andate esattamente le cose di conoscere i fatti nella loro organica tessitura, ne perdiamo l’intelligenza. Viviamo nel paradosso di uno spettacolo permanente di immagini e flussi di notizie di cui non abbiamo il filo d’Arianna
Nei giorni scorsi lei ha scritto sui fatti di piazza Tienanmen. Va allora rivisto il concetto che noi tutti abbiamo sulla libertà?
Faccio riferimento ad un articolo che ho dedicato nei giorni scorsi a quel ragazzo davanti ai carrarmati di piazza Tienanmen. Non si sa cosa sia stato di lui. Si dice che sia stato ucciso, oppure chiuso in manicomio. Oggi parliamo di libertà a iosa, in tutti i campi, a destra e a sinistra. Ma la libertà come valore è quella che ha testimoniato quel ragazzo!
Libertà vuol dire anche scegliersi i propri governanti, in Italia da qualche tempo non va proprio così. Ma in fondo non si è fatto tanto trambusto. Perché?
In effetti abbiamo avuto tre governi che non sono passati dai vagli parlamentari, ad ogni modo le ultime consultazioni hanno dato una postuma legittimazione a questo governo con un consenso abbastanza forte. Certo è che in una democrazia normale si va ad elezione e si decide quale governo mandare. Il problema è il sistema che non è più solo bipolare ma tripolare: il voto non fa venire fuori un governo!
Ph Franco Rabino
Ph Franco Rabino
Anche sul versante Europa non abbiamo popoli liberi. Lei cosa ne pensa?
In Europa noi abbiamo subito uno scippo di sovranità, perché innanzitutto non abbiamo deciso noi l’Europa, non c’è stato nessun referendum, eppure era un fatto così importante, non abbiano deciso noi l’introduzione dell’euro. Ma la cosa peggiore riguarda la nostra Costituzione che per noi era così sacra e inviolabile fosse violata proprio dall’ammissione del pareggio di bilancio che ci rende di fatto non sovrani dal punto di vista economico perché dipendenti da un contesto internazionale rispetto al quale noi dobbiamo rendere conto. La perdita di sovranità in Europa è un duro dato di fatto considerando il fatto che il 55% degli europei ( la maggioranza assoluta) a queste elezioni non sia andata a votare, ma a questo dato, che in parte era fisiologico, in qualche caso come in Italia è diventato patologico, si aggiunge il fatto che il partito degli “euro-scettici” ha avuto un grande avanzamento e in alcuni stati un primato. Tutto questo dimostra che l’UE non sia l’Europa ma solo un assetto di vertice.
Legge elettorale. Quale secondo lei la scelta più giusta?
Io rimango un fautore dell’elezione diretta del capo del governo o dello stato credo sia l’unico modo di creare una democrazia decisionista responsabile in cui chi viene eletto governa per l’intero mandato non dipende dalla alchimie, dai giochi dei piccoli partiti che avvengono nel parlamento. E quella credo sia l’unica riforma fondamentale. Negli ultimi 25 anni l’unica riforma che ha funzionato è l’elezione diretta dei sindaci e quindi proporrei un sindaco per l’Italia, come del resto diceva anche Renzi.
Tangentopoli. Siamo ritornati al punto di partenza? Al 1992?
Non siamo tornati, ci siamo sempre stati, magari con dei momenti di pausa. Ma ora la situazione è peggiorata. Un tempo si prendevano le tangenti per realizzare le opere, ora si prendono le tangenti per non realizzarle, il fatto che si realizzino è una variabile secondaria che di fatto sempre più spesso non accade e quindi è un dato negativo. Il secondo dato negativo è che un tempo la corruzione, sarà forse per quella forma benevola di ecumenismo democristiano, cercava di distribuire i benefici a cascata, aveva una funzione quasi sociale, dall’altra parte serviva alla causa del partito. Adesso, invece, il vantaggio è strettamente personale, è per me e per i miei e quindi questo rappresenta un peggioramento, ancora più grave se pensiamo che sulla spinta di tangentopoli noi abbiamo aumentato i numeri dei controllori, quindi sono aumentati i numeri dei potenziali corrotti, a cascata.
Adesso per il PD è giunto il momento per ragionare di una vera riforma della giustizia?
Non vedo il motivo di attribuire solo al PD la responsabilità della riforma della giustizia. Una riforma in questo senso va fatta. Finora non era stata fatta per la paura di muoversi ad usum delphini, per Berlusconi, per intenderci. Qui, però non si tratta di inserire nuove leggi, ma di sfoltire, di semplificare, di diminuire i passaggi, di rendere più trasparente. Poi agire alla fonte, cioè coloro i quali hanno responsabilità di potere in Italia devono essere selezionati sulle capacità e sulle motivazioni, cioè comprendere cosa li spinge a fare politica e se si tratta solo di una motivazione di autoaffermazione sapere che prima o poi cadranno in qualche trappola di tangenti o altro e scartare da subito per certi ruoli chi arriva per telegenia o perché affiliato ad un clan o ad un capo.
Gianfranco Fini ritornerà a fare politica. Scenari futuri?
Mi auguro per il suo bene che non torni. Avendo dimostrato la capacità di distruggere quattro partiti nell’arco di vent’anni, più mezzo governo e quel che resta più tanto altre cose, gli consiglierei di fare altro. Magari di aprirsi uno sfasciacarrozze… So che ama fare la caccia subacquea, ecco, gli consiglierei di fare quello, dato che è l’unica cosa profonda che ha fatto in vita sua.